Il colloquio orientato sui bisogni del cliente

Il colloquio orientato sui bisogni del cliente

Come cambia il colloquio se chi conduce orienta le domande e offre l’opportunità alle persone di comprendere i movimenti profondi dei suoi stessi bisogni?

Vi racconto un colloquio unico con una mamma di un servizio 0-3 in cui c’è una coordinatrice che ha svolto una delle Accademy B.E.M., fu lei ad inviarmi questa mamma non più nel suo servizio che stava attraversando un momento difficile.

Il colloquio inizia con il racconto di un ambientamento difficile nella nuova struttura 3-6 anni. Così difficile che suo figlio manifesta una progressiva ansia, accompagnata da pianto molto intenso e protesta rabbiosa. Tutte le mattine. Si aggiungono anche alcuni episodi di conati di vomito, a casa o poco prima di entrare in asilo. La mamma condivide le sue difficoltà con lo staff del nuovo servizio ma sempre in momenti poco adeguati e fugaci. Fino al giorno in cui suo figlio le dice: “mamma tu hai sbagliato a mandarmi a scuola, io voglio stare qui con te”. La mamma chiede un nuovo colloquio con il team della scuola e in uno spazio più adeguato si rende conto di foto e video in cui il bambino a scuola gioca sereno, svolge tutte le attività e non presenta nessun quadro sintomatico preoccupante.

A questo punto iniziano le domande sui bisogni. Utilizzando le carte dei bisogni chiedo alla mamma di distinguere i suoi bisogni da quelli di suo figlio. Facciamo una valutazione dello stato di benessere e malessere di ciascun bisogno identificato ed iniziamo ad osservare le strategie ed i mezzi adottati dal figlio nel tentativo di soddisfare i propri bisogni.

La mamma si sente messa sotto scacco dal modo con cui il figlio la fa sentire in colpa veicolando stati di tristezza e di disperazione estrema. Cerchiamo di separare questa modalità dal figlio e di comprendere in quale altra storia è già emersa una dinamica simile. In sostanza cerchiamo di capire da dove arriva questa modalità in cui lei, oggi come mamma, deve salvare una persona sofferente (presunta tale). Nella sua storia personale ci sono state dinamiche simili che ora grazie alle modalità del figlio può risolvere e armonizzare.

Il colloquio procede in due direzioni: distinguere i modi del figlio da quanto lei aveva già conosciuto nella sua storia; rispondere in modo differente a queste modalità del figlio per non ri-evocare una dinamica vecchia e cadere nei suoi circuiti disfunzionali. I figli sono i nostri migliori terapeuti.

Al termine del colloquio, la mamma si sente più consapevole di quali bisogni personali entravano in gioco nella dinamica con il figlio, riposizionarli ha permesso in un solo colloquio di riposizionare la sua funzione materna. Vedere e sentire la tristezza del figlio non vuol dire restare intrappolate in una dinamica salvifica di cui io mi devo sentire sempre responsabile della felicità altrui. Allo stesso tempo distanziarsi da questa dinamica non vuol dire creare risposte di indifferenza o di estraneità.

Riposizionando la relazione ed i bisogni presenti abbiamo potuto accogliere il bisogno, rassicurare e vivere la protesta con una intensità più moderata, permettendo l’espressione della tristezza senza farla degenerare in altro e senza farsi manipolare dal potere del condizionamento emotivo che si stava verificando.

Non dimenticate mai una massima delle emozioni: “Chiunque cerca di farti sentire troppo le sue emozioni depressive, sta cercando di manipolarti, ha un suo fine; le emozioni legate alla tristezza non hanno necessità di essere espresse in modi eclatanti”.

Suggerimenti per adottare l’approccio B.E.M. nell’educazione:

🍀 Identifica i bisogni: quando siamo in difficoltà in una relazione è molto utile distinguere i bisogni in gioco nella relazione, quindi sia i miei bisogni che i suoi bisogni.

🍀 Valutiamo il benessere-malessere: riflettiamo e valutiamo quanto ciascun bisogno sta bene o male, dando delle vere e proprie valutazioni.

🍀 Esploriamo i mezzi: mettiamo sotto osservazione i modi con cui ciascuna parte della relazione si muove per tentare di rispondere ai propri bisogni.

🍀 Riposizionamento: sosteniamo processi che aiutino le persone a ritrovare una nuova armonia relazionale.

Se vuoi approfondire la conoscenza dei Bisogni Universali (B.E.M.), ti suggerisco questi 3 step:

  1. Candidati per entrare a far parte della prossima Accademy sui bisogni: https://forms.gle/NnUGUN4VmJ37bW7J6
  2. Iscriviti a una delle Accademy B.E.M., dei percorsi formativi online, dedicati a diversi profili professionali (potrai apprendere il B.E.M. in modo esperienziale, interattivo, personalizzato, e ottenere una certificazione internazionale IPHM).
  3. Puoi richiedere un colloquio con me attraverso questo link: https://bit.ly/3YY1DRP

Spero che questo articolo ti sia piaciuto e ti sia stato utile. Se hai domande, commenti o feedback, non esitare a scrivermi. Ti auguro una buona crescita ed evoluzione! Cerca di stare connesso ai tuoi bisogni e alla tua anima, sempre!

Per ulteriori approfondimenti, scopri le Academy sui Bisogni universali sul sito:

Supervisione Pedagogica attraverso l’ascolto empatico dei Bisogni Universali

Supervisione Pedagogica attraverso l’ascolto empatico dei Bisogni Universali

Oggi vi racconto un processo nato da chi ha frequentato una delle nostre Accademy B.E.M.

In un centro educativo, il supervisore P., osservava la dinamica tra un educatore e un bambino. L’educatore, L. aveva sempre seguito i criteri e le indicazioni standard per gestire le situazioni ludiche, ma P. notò che c’era qualcosa di più profondo, qualcosa che sfuggiva a un approccio che rischiava di rimanere superficiale.

P. incuriosito dal potenziale del B.E.M., decise di parlare con L.

“L. ho notato che quando parli con i bambini, c’è un mondo di emozioni e bisogni sotto la superficie con cui potresti connetterti. Come ti sentiresti a esplorare questa prospettiva?” chiese P.

L. aperto all’idea di approfondire questo nuovo approccio, rispose: “Mi piacerebbe. Come posso iniziare?”

P.: “Proviamo a guardare oltre il comportamento esterno e ad ascoltare attentamente ciò che il bambino sta davvero comunicando. Cerchiamo di comprendere i suoi bisogni profondi”.
Condividono la tabella semplice, lo schema ad 8 bisogni universali per avere una matrice comune da cui partire.

In un’altra occasione, P. osservò L. impegnato con S., una bambina introversa. L. solitamente le chiedeva se stesse bene, se volesse giocare o fare attività. Questa volta, seguendo l’approccio B.E.M., L. si avvicinò a Sofia in un modo più attento.

“Come ti senti oggi, S.?” chiese L., con una gentilezza che non aveva espresso prima.

S. guardò L. con occhi curiosi. “Un po’ triste,” disse con voce flebile.

“In che modo posso aiutarti a sentirti meglio?” chiese L., mostrando un’autentica preoccupazione.

“Mi piacerebbe disegnare qualcosa di bello,” rispose S. timidamente.

L. sorrise: “Hai ragione! Possiamo trovare carta e colori insieme se vuoi.”

Mentre disegnavano, L. continuava a mostrare interesse per i sentimenti di S., incoraggiandola a esprimersi liberamente.

Dopo l’attività, P. avvicinò L.: “Hai notato come il nostro approccio ha permesso a S. di aprirsi?”

“Sì, è stato incredibile! Ho sentito un vero scambio emotivo con lei,” rispose L., sorridendo. Ora ho capito meglio il suo bisogno di vicinanza e sostegno, quella base affettiva di cui parlavamo in supervisione.

P. concluse: “Questo è il potere di ascoltare e rispondere ai bisogni profondi dei bambini. Stiamo creando connessioni genuine e promuovendo un ambiente più empatico, come dice Ivano di empatia generativa”

Suggerimenti per adottare l’approccio B.E.M. nell’educazione:

🍀 Empatia e Ascolto Attivo: Prestare attenzione alle emozioni e ai bisogni nascosti dei bambini. Non banalizziamo l’empatia solo con il restituire un’emozione primaria, preoccupiamoci di allenare il nostro sentire, di distinguere 3-4 emozioni per volta e solo poi si parlare della percezione emotiva avvertita.

🍀 Personalizzazione delle Interazioni: Adattare le risposte educative momento per momento, in base a quanto avviene nella relazione in quel preciso scambio comunicativo, rispettando le esigenze e le motivazioni individuali.

🍀 Costruzione di Connessioni Empatiche: Favorire uno spazio in cui i bambini si sentano compresi e sostenuti, uno spazio dove si possa parlare del mondo interiore e dove nessuno possa esprimere giudizi su questo proprio sentire. Se vuoi approfondire la conoscenza dei Bisogni Universali (B.E.M.), ti suggerisco questi 3 step:

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Spero che questo articolo ti sia piaciuto e ti sia stato utile. Se hai domande, commenti o feedback, non esitare a scrivermi. Ti auguro una buona crescita ed evoluzione! Cerca di stare connesso ai tuoi bisogni e alla tua anima, sempre!

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Trasformare i servizi all’infanzia: Il B.E.M. applicato da chi coordina i servizi 0-6

Trasformare i servizi all’infanzia: Il B.E.M. applicato da chi coordina i servizi 0-6

La gestione di un servizio 0-6 richiede non solo competenza ma anche una profonda sensibilità nei confronti delle esigenze dei bambini, delle famiglie e del team educativo che lo frequenta. L’adozione della logica dei bisogni può portare a cambiamenti notevoli e duraturi ma ciascuna coordinatrice trovare la sua cifra stilistica in coerenza con la propria filosofia pedagogica. Vi riporto in questo articolo alcuni passaggi chiave di diverse coordinatrici che hanno incontrato il B.E.M. quasi come se fossero parte di un unico grande processo trasformativo.

“Iniziare ad adottare la logica dei bisogni ha significato guardare oltre le procedure standard e abbracciare l’individualità di ciascun bambino,” ha condiviso una coordinatrice di un asilo nido che ha recentemente adottato il B.E.M. . Questa consapevolezza nello svolgimento del proprio ruolo avvia processi trasformativi.

Mai come oggi la figura di coordinamento nei servizi 0-6 sia privati che statali non può essere trascurata. Intorno ad essa si muovono idee, relazioni, stili educativi. Certamente siamo in un periodo storico dove occorre garantire e tutelare maggiormente questa funzione, tanto nel privato quanto nel pubblico. Da essa dipende in modo sostanziale la qualità erogata dell’intero servizio.

La situazione iniziale nei servizi che avvertono questo desiderio di rinnovamento è abbastanza comune: sono servizi piuttosto ben organizzati ma con la possibilità di alzare il tasso di sensibilità pedagogica verso le esigenze individuali di tutte le persone presenti. Alzare la qualità pedagogica vuol dire soprattutto alzare la qualità della propria “presenza educativa”. Con essa si modificano le competenze relazionali messe in atto, i livelli di osservazione, la visione dello spazio e le proposte progettuali. Spesso quando introduciamo la logica dei bisogni le frasi che sentiamo sono: “adesso abbiamo una modalità di vedere e sentire quello che non riuscivamo a identificare… è come avere tolto un sacco di nebbia… possiamo costruire un intervento educativo andando veramente alle questioni essenziali di ogni bambino e di ogni genitore… persino lo spazio e il setting incidono sui bisogni, è un modello totale”.

Con l’introduzione del B.E.M., le coordinatrici in primis, iniziano a rivedere l’approccio educativo, la relazione con la famiglia, il modo di osservare, le scelte progettuali e la relazione con spazio-materia-materiali.

Vygotsky affermava: “L’educazione non è quello che il docente trasferisce, ma è una serie di connessioni che si creano nel pensiero del bambino”. Noi siamo le connessioni che creiamo. Dentro e fuori di noi.

“Questa visione che porta il B.E.M. ci spinge a riconsiderare la nostra pratica educativa”, dice un’altra coordinatrice che ha partecipato all’Accademy.

Riportando alcuni dialoghi diretti: “Dobbiamo rendere il nostro asilo nido un luogo dove ciascun bambino possa crescere e sentirsi accolto come persona unica… possiamo essere presenti con gesti semplici che raccontano la nostra specificità… “. I team iniziavano a raccontarsi questa nuova visione, coinvolgendo attivamente i genitori ma anche i bambini stessi, creando di fatto una nuova transizione verso un approccio centrato sui bisogni delle persone.

Con la nuova prospettiva, una coordinatrice ha introdotto cambiamenti significativi nell’ambiente educativo dell’asilo nido da lei gestito, soffermandosi sull’integrazione  fra B.E.M. e uno dei concetti cardine di Maria Montessori: “Aiutami a fare da solo”. Promuovere l’indipendenza e l’autonomia dei bambini, ma anche quella delle educatrice nello scoprire soluzioni educative, incoraggiandole nella loro espressione creativa attraverso il gioco libero e attività personalizzate. Alcune di loro, stavano iniziando a progettare un servizio considerando soprattutto i tre bisogni trasversali e ponendo un nuovo accento su quello che noi chiamiamo Gioco-Interesse. Sappiamo dell’importanza del gioco ma passare a considerarlo come bisogno vuol dire accedere ad un livello di consapevolezza differente. Il gioco di solito viene visto solo come strumento, come mezzo e non come bisogno. Parlare di gioco-interesse come bisogno vuol dire considerare l’effetto emotivo-relazionale se questo non fosse per vari motivi accolto. Cosa succede nei nostri servizi quando il bisogno di gioco-interesse viene trascurato? Quali comportamenti disfunzionali si manifestano? Come incide questo bisogno sul bisogno di contenimento (altro bisogno trasversale)?

LA MIA SCUOLA COME E QUANTO CONSIDERA IL BISOGNO DI GIOCO_INTERESSE? Cosa predisponiamo per il loro interesse? come raccogliamo il loro interesse? Come lo rilanciamo? Quanto tempo dedichiamo agli interessi? Oddio e i nostri interessi ci sono nella scuola?

Il cambiamento è stato evidente. “Sono stati momenti illuminanti, parlarsi, ascoltarsi di quali e quanti interessi stavamo trascurando, quanto non-vediamo l’interesse che il bambino esprime continuamente davanti ai nostri occhi. D’altronde come disse Jean Piaget: “Il gioco è la forma più alta di ricerca.”

L’applicazione della logica dei bisogni ha trasformato questi servizi, trasmettendo un messaggio dove l’ambiente se si apre ai bisogni incontra una nuova forma di sensibilità. Ogni bambino porta con sé un mondo di possibilità, questo non dobbiamo mai dimenticarlo perché alla fine sta a noi decidere se aprirci o chiuderci a questa possibilità.

Suggerimenti per l’implementazione della logica dei bisogni nelle Istituzioni educative

  • “Il bambino non è solo un essere che gioca, è anche un essere che pensa, un essere che ama, un essere che desidera” – F. Froebel. Educare il team sull’importanza di un approccio centrato sui bisogni vuol dire ricongiungersi con l’amore per la pedagogia, per la scuola, la quale rischia di smarrirsi in una cultura razionalistica.
  • “La conoscenza dell’educazione inizia con l’osservazione dei bambini.” – Maria Montessori. Osservare attentamente i bambini per comprendere le loro esigenze vuol dire aiutarsi a conoscere la persona che ho davanti a me per realizzare con lui la miglior scuola possibile. Nessuna scuola si può pienamente realizzare senza il protagonismo degli educandi
  • “Ogni bambino è un artista, il problema è rimanere un artista quando cresci.” – Pablo Picasso. Adattare le attività educative alle esigenze specifiche di nutrimento e di crescita ciascun bambino, offrendo un ambiente più inclusivo e stimolante.

L’esperienza di queste coordinatrici dimostra chiaramente il potenziale trasformativo per chi abbraccia la logica dei bisogni.

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  1. Candidati per entrare a far parte della prossima Accademy sui bisogni: https://forms.gle/NnUGUN4VmJ37bW7J6
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  3. Puoi richiedere un colloquio con me attraverso questo link: https://bit.ly/3YY1DRP

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Il Potere Trasformativo della Logica dei Bisogni : una bambina irrequieta

Il Potere Trasformativo della Logica dei Bisogni : una bambina irrequieta

Nel cuore di ogni bambino esiste un mondo di meraviglie e di sfide, ma talvolta ci sono piccoli che sembrano affrontare un percorso decisamente più irrequieto. In queste situazioni, l’applicazione della logica dei bisogni può fare la differenza, trasformando il modo in cui affrontiamo il loro sviluppo, la loro autostima ed il loro apprendimento.

E. è una bambina di 4 anni, fa fatica a controllare i suoi comportamenti, a volte per eccesso di entusiasmo, altre, per eccesso di frustrazione.

“E. cosa ne dici di provare a dipingere con le mani oggi?” chiesi con un sorriso, notando il suo continuo bisbigliare e il suo tipico movimento incontenibile. In queste situazione la domanda da farsi mentre stiamo con questi bambini è: “come mi sento mentre sto con lei? mentre mi sintonizzo sulla sua agitazione?”. Allenare il sentire è il primo obiettivo delle Accademy B.E.M., ed io mi sentivo impacciato, sentivo che avrei voluto controllare meglio il mio corpo, le mie mani e che accidenti è tutto così difficile… mi segno tra i miei appunti che avverto un bisogno di contenimento che incide sulla mia insicurezza (se fossi lei).

Lei: “Ehhh… ma potrò sporcare tutto?” rispose Emma, gli occhi brillanti di curiosità.

Dissi: “Assolutamente sì! Qui possiamo fare un vero e proprio dipinto, insieme se ti va e non c’è bisogno di preoccuparsi per i pasticci. Tutti i dipinti sono pasticci prima di diventare famosi”. E. ripete la mia frase a bassa voce.

“Ti piace l’idea?” offrii materiali e colori, cercando di trasmettere entusiasmo.

Abbiamo iniziato con una tela bianca e una tavolozza di colori sgargianti. E. si è immersa nell’attività con una vivace energia, spargendo colori e creando un’opera d’arte unica.

Nel frattempo, ho notato come la sua irrequietezza si stesse trasformando in creatività. “Guarda, E. Che fantastico risultato hai ottenuto! Hai usato il tuo spirito energico per creare qualcosa di magnifico!” esclamai, mostrando apprezzamento per il suo lavoro. Volevo che sperimentasse sicurezza e creatività, insieme!

Questa esperienza ha segnato l’inizio di un cambiamento. Il nostro approccio educativo si è adattato per permettere a E. di esprimere la sua vitalità in modi costruttivi. Ci siamo concentrati su attività interattive e stimolanti che rispecchiavano i suoi interessi e la sua natura curiosa. Ogni tanto qualche agitazione motoria prendeva il sopravvento ma queste attività le facevano un gran bene. Il passaggio dal parlare anche solo fra di noi della sua irrequietezza al parlare della sua ricerca di sicurezza ci aveva spostato letteralmente lo sguardo. Continuammo…

“E., cosa ne dici di provare a giocare con questi materiali da costruzione oggi? Possiamo creare un mondo tutto nostro!” proposi, notando la sua costante voglia di muoversi.

Lei: “Wow! Posso creare un castello gigante?” chiese E. con entusiasmo.

“Assolutamente! E puoi scegliere colori e tipi di materiali. Che ne dici?” suggerii, incoraggiandola a collaborare.

E così, abbiamo passato il tempo a costruire un regno immaginario, dove E. si è immersa completamente, esplorando il mondo delle forme e delle strutture.

L’applicazione della logica dei bisogni ha trasformato il nostro modo di vedere E. Non più etichettata come “irrequieta”, ma come una bambina desiderosa di riuscire a controllare il suo stesso corpo, di imparare ad utilizzare le sue mani per esplorare e sentirsi di nuovo sicura. Questo cambiamento di prospettiva ha guidato un intervento educativo che ha abbracciato la sua individualità e ha nutrito le sue capacità.

Suggerimenti basati sulla logica dei bisogni per affrontare casi simili:

  1. I bambini difficilmente ci parlano del loro mondo interiore ma sempre ce lo manifestano
  2. Osservazione Empatica: Comprendere i segnali dietro il comportamento “irrequieto” per identificare i veri bisogni dei bambini.
  3. Adattamento delle Attività: Personalizzare le attività educative per coinvolgere il bambino in modo costruttivo. Quale setting propongo per ridare armonia al suo bisogno? (in questo caso contenimento associato alla sicurezza)
  4. Valorizzazione delle Capacità Uniche: Identificare e incoraggiare le capacità individuali del bambino, canalizzandole in attività significative.

L’esperienza con E. ha dimostrato che l’applicazione della logica dei bisogni può portare a cambiamenti sostanziali nel modo in cui affrontiamo le sfide educative dei bambini irrequieti. Quando vediamo oltre il comportamento apparente, possiamo costruire interventi educativi più sensibili e personalizzati.

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L’Amore non uccide…

L’Amore non uccide…

Qualunque essere umano riceva cure sane ed amorevoli non sarà in grado di agire violenza contro se stesso ne tanto meno contro un’altra persona. La questione violenza e femminicidio ha radici profonde e complesse.

Su questo credo possiamo convenire comunemente in accordo.

Chiediamoci come genitori, professionisti ed essere umani cosa incarniamo nel nostro piccolo mondo.

Chiediamo se siamo portatori di cure amorevoli sane, sufficientemente equilibrate, imperfette ma non malate, imperfette ma non manipolatorie, imperfette ma non sottilmente violente, imperfette ma non basate sulla forza coercitiva, imperfette ma non svalutative o umiliative.

Accogliere la nostra imperfezione ci aiuta a distanziarci dai fantasmi di un mondo fatto di aspettative irrealizzabili e di miti idealizzati. Accogliere la nostra imperfezione non corrisponde mai a giustificare una qualunque nostra azione possa causare dolore a noi stessi o ad altri perché tanto siamo imperfetti.

L’amore quello sano, quello pieno, quello bello non ti chiude la bocca.

L’amore quello sano, quello bello, non ti mette paura.

L’amore quello sano, quello bello, non ti mette sotto pressione.

L’amore quello sano, quello bello, ammette la diversità come elemento necessario all’espressione della propria identità. Non ha la necessità di dominare o sottomettere, vive del confronto ugualitario.

Chi ti ama davvero, si prende cura dei tuoi bisogni perché ama vederti serena e felice !

Accetta una questione: NESSUNO può salvare (qualcuno), TUTTI possono salvarsi (se stessi) !

Non sei tu a doverlo salvare, salva te stessa !

Se una persona ha bisogni feriti e non se ne prende cura, non cerca spazi per “guarire le sue ferite” te ne accorgi da alcuni di questi indicatori:

  • se i suoi bisogni vengo sempre prima dei tuoi, e poi alla fine mai verranno i tuoi
  • se obbliga i tuoi bisogni ad una strana sospensione per metterti in ascolto delle sue strane richieste, che poi diventeranno sempre più strane
  • se ogni volta che si presenta una qualunque forma di frustrazione per non aver raggiunto un suo bisogno ricevi in cambio un attacco, offese, violenza fisica
  • se cerca di entrarti nella testa e non c’è più spazio per la tua libertà
  • se ama farti sentire in colpa ed utilizza le emozioni per imprigionarti nella sua torre
  • se promette, promette, promette e disattende, disattende, disattende…

Se vivi un amore così, scegli di compiere il primo passo per volerti veramente bene, prova a dire: “IO LASCIO QUESTO AMORE” perché merito un AMORE PIENO, un AMORE SANO, un AMORE BELLO !

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